Il disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza

Il cosiddetto “disimpegno unilaterale” di Israele da Gaza del 2005 viene spesso presentato come un gesto di pace, vanificato dalla reazione palestinese. In realtà si trattò di una scelta strategica, mirata a rafforzare Israele sul piano interno e internazionale, non a rilanciare un processo negoziale.

Innanzitutto, i coloni israeliani nella Striscia erano circa 8.000, una cifra marginale rispetto alle centinaia di migliaia insediati in Cisgiordania. Il loro mantenimento comportava costi economici e militari sproporzionati. La rimozione rispondeva quindi a un’esigenza di alleggerimento, più che a una concessione.

In secondo luogo, l’evacuazione da Gaza consentiva di concentrare risorse e consenso politico sul consolidamento della Cisgiordania, considerata strategicamente molto più importante. Lo stesso Ariel Sharon dichiarò che il piano avrebbe permesso a Israele di “congelare” la situazione sul terreno.

La logica del congelamento venne esplicitata nell’ottobre 2004 dal consigliere senior di Sharon, Dov Weissglass, in un’intervista a Haaretz del 6 ottobre 2004:

«Il significato del piano di disimpegno è il congelamento del processo di pace, e quando si congela questo processo, si impedisce la creazione di uno Stato palestinese e si impedisce una discussione sui rifugiati, sui confini e su Gerusalemme. […] Di fatto, l’intero pacchetto chiamato Stato palestinese, con tutto ciò che comporta, è stato rimosso a tempo indeterminato dalla nostra agenda. E tutto questo con autorità e permesso, con la benedizione presidenziale e la ratifica di entrambe le Camere del Congresso».

Un terzo aspetto riguarda la politica palestinese: consegnare formalmente Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese significava affidarle un compito ingestibile, tra un’economia asfissiata e l’ascesa di Hamas. La divisione tra Hamas e Fatah era prevedibile, e ha consentito a Israele di sostenere che non esiste un interlocutore palestinese unitario e credibile.

Infine, il ritiro non pose fine all’occupazione: Israele mantenne il controllo dello spazio aereo, delle acque territoriali, dei valichi, del registro della popolazione e delle importazioni. Le Nazioni Unite e la Banca Mondiale hanno continuato a considerare Gaza un territorio occupato.

Il disimpegno, dunque, non fu un’offerta mal ripagata dai palestinesi, ma un’operazione unilaterale volta a ridurre i costi, dividere i palestinesi e consolidare il controllo israeliano sulla Cisgiordania, congelando al tempo stesso la prospettiva di uno Stato palestinese.

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