
Il ricordo delle tragedie della Seconda guerra mondiale dovrebbe essere un monito a non avvicinarci mai più a ciò che le ha rese possibili. Eppure, per una parte di noi, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, i bombardamenti a tappeto sulle città – da Coventry a Dresda e Amburgo – e lo sterminio degli ebrei e di altre minoranze non rappresentano più un limite invalicabile, ma una giustificazione per varcare di nuovo quella soglia. Se lo hanno fatto loro, per sconfiggere il nazifascismo, possiamo farlo anche noi, per sconfiggere i nostri mostri. O, peggio, se vogliamo prevenire un genocidio che potrebbe colpire noi o chi ci somiglia, dobbiamo colpire per primi, annientare chi ci minaccia.
La memoria, per alcuni, ha smarrito la sua funzione immunitaria. O meglio: reagisce in modo autodistruttivo, come quelle risposte immunitarie che, cercando di difendere l’organismo dalla malattia, finiscono per distruggerlo.